L’attuale sistema di farmacovigilanza, al di là delle note limitazioni, è costruito su procedure e processi automatizzati che tendono verso quello che si definisce una “banalizzazione istituzionalizzata del rischio”. Durante lo sviluppo di un farmaco le aziende sono naturalmente portate ad accentuare i benefici di un farmaco e isolare se non sottostimare i possibili eventi avversi, i soggetti che prendono parte agli studi e si fidano del proprio staff medico tendono a non enfatizzare i possibili effetti collaterali, e i ricercatori stessi sono desensibilizzati di fronte ai rischi, che registrano e classificano in maniera routinaria. Nella successiva fase post-marketing, le reazioni avverse sono gestite da un sistema di segnalazione che le anonimizza e de-identifica, trasformandole in un’espressione statistica di rischio ipotetico. I rischi associati a un farmaco diventano quindi un concetto molto astratto e piuttosto “normale”.
Gli stessi rischi rimangono però estremamente reali e fonte di sofferenza per gli individui che ne fanno esperienza, e possono assumere un eco mediatica particolare nel momento in cui vengono condivisi su una piattaforma da miliardi di utenti come YouTube.
Il caso dei fluorochinoloni
Un esempio di condivisione di reazioni avverse via YouTube riguarda i fluorochinoloni, antibiotici ad ampio spettro ampiamente prescritti in America, che durante gli ultimi 25 anni sono stati associati a importanti effetti collaterali quali neuropatia periferica, epatopatia, problemi cardiaci e gastrointestinali, ictus, dolore cronico, insonnia, disturbi cognitivi e dell’umore. A livello regolatorio le segnalazioni sono state sistematicamente raccolte e processate, portando all’emissione di una serie di “avvertenze” sul prodotto; avvertenze che non hanno però portato a una diminuzione nella prescrizione o nel consumo del farmaco.
Allo stesso modo non sono diminuiti i casi di reazione avversa, come suggerito da 60 video pubblicati su YouTube tra il 2017 e il 2019 in cui 29 utenti hanno raccontato gli effetti collaterali, in alcuni casi estremamente debilitanti, di cui hanno sofferto dopo l’assunzione dei fluorochinoloni. I video, costruiti sotto forma di vlog, sono un esempio di “drammatizzazione del rischio” e sono incentrati sulla descrizione dei sintomi accusati, sulla ricerca spasmodica di risposte e sulla sorprendente scoperta, avvenuta tramite la lettura di forum e articoli online, di un’ampissima comunità di persone che ha vissuto esperienze molto simili dopo l’assunzione dei fluorochinoloni.
Farmacovigilanza ufficiale e profana: come complementarle
L’esempio dei fluorochinoloni mostra l’enorme differenza con cui si possono percepire e comunicare le reazioni avverse, banalizzate dalla farmacovigilanza tradizionale e drammatizzate da una farmacovigilanza “profana” via social. Mentre la farmacovigilanza ufficiale è costruita da esperti che isolano le informazioni, le gestiscono e le discutono sotto forma di dati e le comunicano in maniera incidentale come ipotetici rischi, la farmacovigilanza profana è una presentazione diretta e sofferta degli eventi avversi di un farmaco da parte del diretto interessato e comunica il rischio come attuale e immediato. Entrambi i processi tendono verso un’estremizzazione del fenomeno e non possono essere considerati singolarmente; al contrario beneficerebbero di una complementazione per ottenere una visione di insieme più oggettiva.
È sicuramente importante dunque riconoscere il ruolo di YouTube – analogamente ad altri social – come nuova fonte di dati di farmacovigilanza. Un cambiamento di questo tipo è sicuramente favorito dal contesto attuale, in cui la rete permette ai singoli individui di generare informazioni, discussioni e attivismo tramite i social, e in cui le nuove tecnologie permettono l’analisi di grandissime quantità di dati. Integrare i dati ufficiali di farmacovigilanza con quelli generati dagli utenti permetterebbe in ultima analisi al pubblico, e non solo alle aziende, di avere una voce diretta nel discorso sulla sicurezza dei farmaci.
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