Dall’open access al predatory publishing
L’open access è una modalità di pubblicazione usata da alcune riviste peer reviewed che non prevedono alcun abbonamento cartaceo e che rendono disponibili gratuitamente i loro articoli on-line. Saltando la pubblicazione cartacea, queste riviste offrono un processo di pubblicazione più rapido, e maggiore visibilità e distribuzione dei lavori; dall’altra parte, per far fronte ai costi editoriali, le riviste chiedono agli autori il pagamento di una tariffa, chiamata Article Processing Charges (APC).
La crescita dell’open access dal 2000 a oggi, e l’aumento della competizione tra le riviste per ottenere più articoli da pubblicare – e quindi più guadagni tramite le APC – ha portato allo sviluppo di un fenomeno, noto come predatory publishing, in cui le riviste sfruttano il modello dell’open access per ottenere un profitto a discapito della scienza e degli autori stessi.
Cosa caratterizza una rivista predatoria?
Le riviste che sfruttano la pubblicazione predatoria, descritte per la prima volta da Jeffrey Bell, presentano due caratteristiche principali:
– la mancanza di un controllo rigoroso della qualità scientifica dei lavori, dovuta alla scarsità o alla totale assenza del processo di peer reviewing;
– uno sforzo attivo messo in atto dagli editori nel reclutare articoli e autori tramite pubblicità aggressiva via mail.
Altri elementi a cui prestare attenzione per identificare una rivista predatoria sono: l’assenza o l’incompletezza di contatti e affiliazioni di editore e redattore, un sito internet che contiene poche informazioni, un nome e un logo che mimano quelli di altre riviste rispettabili più famose, dichiarazioni di impact factor molto alti e non veritieri, l’assenza di un sistema di submission on-line.
Alcuni strumenti utili per identificare queste riviste sono la “lista Bell”, una lista nera di riviste che hanno mostrato un comportamento predatorio, oppure all’opposto, la Directory of open Access Journals (DOAJ) che raccoglie riviste open access con alti livelli di qualità editoriale e scientifica.
I pericoli del predatory publishing
Il problema del predatory publishing riguarda molto spesso gli autori più giovani e inesperti, che sono fatti mira della pubblicità aggressiva delle riviste. Una pubblicazione su una rivista predatory non è sicuramente un buon biglietto da visita per il loro CV, inoltre il potenziale vantaggio di non pagare per l’accesso agli articoli è controbilanciato spesso da APC estremamente alte e comunicate solo all’ultimo momento.
L’assenza di un accurato processo di peer-reviewing può portare inoltre alla pubblicazione di articoli con risultati sbagliati o dubbi; errori che potrebbero essere facilmente identificati da un peer reviewing più accurato. Inoltre, nonostante l’ampia distribuzione degli articoli pubblicati open access, l’esistenza del predatory publishing rende difficile per il pubblico distinguere le informazioni scientifiche rigorose da quelle false o semplicemente non accurate, minando in generale la fiducia del pubblico verso la scienza. In ultimo, gli articoli pubblicati in riviste predatorie corrono il rischio di essere persi o cancellati, dal momento che la rivista, fondata su una logica di profitto, potrebbe semplicemente chiudere nel caso di scarsi guadagni.
Il predatory publishing rappresenta quindi un grosso pericolo per i ricercatori e per la scienza in generale: sia le riviste sia i singoli autori sono chiamati a prendere consapevolezza e diffondere informazioni su questo tema, nel tentativo di sfruttare le enormi potenzialità di un open access gestito rigorosamente.