Una delle maggiori sfide nel campo della farmacovigilanza è capire come identificare, tra le molteplici evidenze di possibili problemi di sicurezza, quali meritano di essere studiate in maniera più approfondita e richiedono l’attivazione di un’adeguata risposta scientifica e regolatoria. Per rispondere in maniera ottimale a questo problema potrebbe essere utile rivedere dalla base il modo in cui si guarda alla farmacovigilanza, ridefinendone l’epistemologia come una scienza di esplorazione più che di determinazione e conferma.
Identificare i potenziali rischi di un farmaco è un’attività profondamente diversa dalla valutazione dell’efficacia. Mentre gli studi clinici randomizzati rappresentano il modo migliore per misurare l’effetto di un trattamento in una popolazione di interesse, lo stesso approccio non è altrettanto efficace per identificarne i potenziali rischi, un’attività condotta più facilmente tramite resoconti aneddotici, case report e case series. La farmacovigilanza dovrebbe essere quindi intesa come un’attività di ricerca esplorativa incentrata sul concetto di serendipity – una scoperta casuale e inattesa – e gli sforzi della comunità scientifica dovrebbero orientarsi sulla costruzione di una comunità responsiva, flessibile e interattiva che massimizzi la possibilità di queste scoperte.
Le basi per una farmacovigilanza più efficace
Negli ultimi anni gran parte della ricerca sulla farmacovigilanza ha indagato come riorganizzare la comunità medico-scientifica per un’efficace produzione, valutazione e comunicazione dei dati di sicurezza. I suggerimenti proposti, per quanto svariati e diversi, ruotano tutti attorno a tre aree d’azione: creare network che coinvolgono molteplici attori, introdurre diverse tipologie di evidenze, e integrare il metodo scientifico con proposte, prospettive ed interessi di diversi stakeholders.
L’implementazione di questi suggerimenti permetterebbe di trasformare il sistema della farmacovigilanza da una catena di processi additivi, dove ogni fase della ricerca è distinta dalle altre, a una rete di processi interattivi, dove l’informazione e le attività sono integrate in termini di tempo, struttura e responsabilità.
Come massimizzare le scoperte casuali: costruire una comunità responsiva
Per favorire le scoperte casuali è fondamentale costruire una comunità scientifica solida ma flessibile in grado di rispondere prontamente e in maniera appropriata alle segnalazioni della farmacovigilanza, favorendo la trasformazione di circostanze fortuite in nuove scoperte.
Le principali caratteristiche di questo network sono la multidirezionalità, la visione problema-centrica, e la trans-disciplinarità. La multidirezionalità è la capacità del network di creare una rete integrata dove le informazioni si muovono in direzioni diverse: da una singola osservazione a molteplici scoperte, così come da osservazioni diverse alla formulazione di un’unica ipotesi. Un altro aspetto cruciale è la capacità delle diverse figure professionali coinvolte nella farmacovigilanza di combinare le pluralità di metodi e interessi per focalizzare il problema della sicurezza e comprendere quali evidenze meritano di essere ulteriormente indagate. Infine il network comunitario deve essere trans-disciplinare, deve cioè integrare cultura, metodi e idee di molteplici campi, non solo scientifici ma anche per esempio le prospettive di pazienti e decisori.
Promuovere la creazione di un network di farmacovigilanza responsivo ed efficace è un percorso complesso e rappresenta sicuramente una sfida di lungo periodo. Questa trasformazione richiederà una modifica strutturale profonda della comunità medico-scientifica che dovrà partire innanzitutto da un cambio di prospettiva nell’istruzione e formazione dei futuri medici e scienziati.