Dall’inizio della pandemia da COVID-19 centinaia di lavori scientifici legati al virus sono stati pubblicati sui servizi di preprint, quali bioRxiv o medRxiv, delle piattaforme ad accesso libero in cui tutti possono leggere e commentare le versioni preliminari degli articoli scientifici.
Velocità vs qualità
Se da un lato questi servizi hanno contribuito a velocizzare la diffusione delle informazioni scientifiche in un momento di estrema necessità, molti scienziati hanno sollevato dubbi sulla qualità dei lavori pubblicati e sul ruolo di queste piattaforme nella diffusione di informazioni parziali, spesso inesatte, e a volte palesemente false.
Alcuni degli articoli apparsi in forma di preprint, e successivamente pubblicati su riviste peer-reviewed, hanno effettivamente fornito a scienziati e autorità informazioni importanti nella lotta contro il COVID-19, quali la persistenza del virus su diverse superfici o il ruolo degli individui asintomatici nella diffusione del contagio. Altri articoli sono andati incontro a un destino molto diverso: sono stati ritirati poche ore dopo il rilascio o hanno scatenato ampie controversie anche dopo la pubblicazione ufficiale. Oltre ad articoli chiaramente falsi, utilizzati per diffondere fake news, molti lavori sono risultati comunque mal condotti, ancora in fase preliminare o estremamente brevi e con pochi risultati rilevanti.
L’abbassamento degli standard etici e scientifici di alcuni lavori apparsi in preprint è inaccettabile per molti scienziati, secondo i quali i criteri di qualità e l’importanza del peer-review sono elementi essenziali nella letteratura scientifica, da rispettare e seguire anche – e soprattutto – in momenti di crisi.
Preprint: un servizio non adatto a tutti?
In questo periodo di emergenza i servizi di preprint hanno attirato l’attenzione soprattutto dei media e del pubblico generale, desiderosi di ottenere costantemente nuove informazioni sul tema. A differenza degli scienziati e degli esperti del settore, che riconoscono il valore limitato e preliminare dei lavori in preprint, il pubblico generale tende a giudicare queste informazioni come dati certi, contribuendo alla loro diffusione su ampia scala.
Partendo dal riconoscimento che il trend di diffusione rapida delle informazioni scientifiche è ormai un fenomeno inarrestabile, molti scienziati ribadiscono non solo l’importanza del peer-review come metodo di controllo della qualità degli articoli, ma anche la responsabilità dei giornali e dei singoli nel citare correttamente le fonti, evidenziando dove necessario se un’informazione provenga da un lavoro preliminare non ancora revisionato.
Come districarsi in un’enorme mole di dati
Oltre al problema della diffusione di informazioni potenzialmente non corrette, la facilità e la velocità dei servizi di preprint ha portato all’accumulo di una quantità esorbitante di lavori, che si aggiungono alle 50-100 pubblicazioni peer-reviewed apparse giornalmente dall’inizio della pandemia.
Per aiutare i ricercatori a districarsi in quest’enorme mole di dati sono nate diverse iniziative: l’American Society of Microbiology insieme a un gruppo di esperti sta costruendo un Registro delle ricerche sul COVID-19, mentre l’EMBO (European Molecular Biology Organization) ha creato una piattaforma chiamata Source Data che mira a collegare tra loro pubblicazioni con dati interconnessi, per facilitare la ricerca di informazioni specifiche.
Questo tipo di iniziative è fondamentale per dare valore all’immenso sforzo di ricerca e pubblicazione fatto finora, superando i noti limiti dei lavori pubblicati come preprint, e favorendo l’avanzamento di una ricerca di qualità sul COVID-19.
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